Graziella”, basta un nome e la mente vola, la nostalgia si attiva, i ricordi affiorano dal nostro archivio storico. Tornano alla mente immagini della nostra infanzia, della nostra gioventù.
Pochi oggetti riescono ad essere cosi trasversali, ragazzi e ragazze, fanciulli o adolescenti; pomeriggi d’estate in un parco cosi come sui muretti luogo di riunione, di golosi panini con la Nutella e canzoni di Lucio Battisti che risuonano nell’aria.
Ma ancora oggi lo stesso nome smuove collezionisti scrupolosi a notare ogni più piccolo dettaglio di originalità. Ma perché il nome Graziella riesce ad essere così magico? Facciamo un doveroso salto indietro nel tempo per ricostruire la storia di questa bicicletta tanto amata dalla generazione dei giovani degli anni ’60 e ‘70.
Un po' di storia
Intorno al nome Graziella si intrecciano due aziende dell’Italia del boom economico, la Carnielli e la Bottecchia
La prima fondata a Vittorio Veneto nel 1908 da Teodoro Carnielli, specializzata nella lavorazione del ferro. Le vicende belliche condizionano la produzione trasformando le lamiere in moto, motocarri e biciclette ad uso militare.
Negli anni ’50, inizia la nuova era Carnielli. Dai progetti funzionali si passa allo studio di soluzioni ergonomiche e progetti in linea ai nuovi stili di vita. Sono gli anni che vedono l’affermazione del Design Italiano e dell’Innovazione Tecnologica. Carnielli sperimenta l’ideologia del Design, la forma dell’utile.
Nel 1953 brevetta e lancia sul mercato la prima Cyclette, un prodotto brevettato che ha segnato l’inizio del concetto salutistico che pone le basi del Fitness.
L’altra, la Bottecchia, è fondata, sempre a Vittorio Veneto, nel 1924 da Ottavio Bottecchia, fresco vincitore del Tour de France. Nel 1926, in collaborazione con Teodoro Carnielli, Bottecchia iniziò l’attività di fabbricante di biciclette, utilizzando il proprio cognome come marchio. Dopo la sua morte (1927), l’attività di costruttore bici di Carnielli continuò ad espandersi e il marchio Bottecchia divenne progressivamente uno dei più importanti nel settore delle bici.
La nascita della Graziella
Negli anni ‘60 la bicicletta incominciava finalmente ad assumere un’immagine diversa da quella del mezzo di trasporto povero, persino un po’ triste ed usato da chi non poteva permettersi di più per recarsi in fabbrica o in ufficio.
Il geniale progettista Rinaldo Donzelli, nel 1964 realizza per la Carnielli un’assoluta novità: un’elegante bicicletta pieghevole, costruita nello stabilimento Bottecchia, destinata a rivoluzionare per oltre vent’anni il mondo delle due ruote, si decide di dargli un nome grazioso come la stessa bicicletta, nasce cosi la Graziella
Appoggiata da un’intelligente campagna pubblicitaria, la Graziella incontra immediatamente i favori di una larga fascia di clienti per quella sua immagine raffinata, favorita anche dalla musicalità del suo nome gentile ed armonioso.
Brigitte Bardot, icona della sensualità femminile del tempo, fu protagonista di una campagna pubblicitaria – ma non ne disdegnava l’uso sulle strade di Saint-Tropez – che definì la Graziella “La Rolls Royce di Brigitte Bardot” ammiccando all’auto inglese per sottolinearne la robustezza e la cura estetica. Anche lo spirito anticonformista e surrealista di Salvador Dalì subì il fascino della Graziella, pratica ed elegante. Il celebre pittore, scultore, scrittore, cineasta e designer spagnolo venne ritratto mentre trasportava alcune sue opere a fianco della sua inseparabile Graziella.
Peculiarità della Graziella fu in primo luogo la sua straordinaria praticità. Il robusto telaio, pieghevole grazie alla cerniera centrale e all’assenza della canna orizzontale, le ruote piccole da 16 pollici, la sella ed il manubrio ambedue retraibili con la massima facilità ne consentivano un agile trasporto anche nell’abitacolo di un’utilitaria di piccole dimensioni.
Da queste poche caratteristiche era praticamente immediato identificare la Graziella come un nuovo simbolo di libertà e di anticonformismo.
I colori erano due: bianco panna o in alternativa un bellissimo blu oltremare, dettagli erano anche il campanello con la “G” incisa, il freno posteriore a “contropedale”, con il quale noi impavidi ci divertivamo in “sgommate” pazzesche, e il bloccasterzo con chiavetta integrato nella canna.
Il successo
Possedere una Graziella significava sintonizzarsi immediatamente con il colorato spirito del tempo, all’insegna di uno stile di vita allegro e spensierato.
Sulla scia di questo strepitoso successo nacquero ben presto agguerrite rivali della Graziella, che ne riproponevano la linea in chiave più essenziale e ad un prezzo decisamente inferiore. L’Atala, la Legnano, l’Aurelia Dino, la Girardengo, la Olmo, la Bianchi, la Gerbi ed innumerevoli marche meno note invasero rapidamente il mercato, contribuendo a familiarizzare tantissime persone, specie i bambini, col fantastico mondo delle due ruote.
Vista la concorrenza nel 1971, la Carnielli decise di sottoporre la Graziella ad un profondo re-styling. La “Reinventata da Carnielli”, come dicevano le pubblicità dell’epoca, la nuova Graziella si distingueva dal modello precedente per le ruote di diametro maggiorato e per un telaio di dimensioni finalmente adatte a tutte le corporature.
Onde consentire all’acquirente di mantenere l’integrità dell’impeccabile verniciatura, la Carnielli forniva insieme alla Graziella un tubetto di vernice, con tanto di pennellino incorporato nel tappo, per eventuali ritocchi che solitamente interessavano il portapacchi, normalmente esposto alle suole dell’immancabile amico o amica in piedi con le mani poggiate sulle spalle del guidatore.
Vengono presentate anche le versioni a due o tre velocità.
A fronte del successo della bici pieghevole vennero realizzate diverse edizioni speciali che nel corso degli anni hanno contribuito a colorare e rafforzare la fortuna dei marchi Carnielli e Bottecchia.
Lo spirito colorato degli anni ’60 trova spazio nella, oggi ricercatissima, Graziella Flor con la quale si riceveva in omaggio il 45 giri Fonit-Cetra “Io vado sul fiore…vieni anche tu…”, per i più piccoli nacque la Junior e la voglia di libertà si esprime nella versione Tandem ed in quella Triplet, mentre la spensieratezza del risciò si ritrova nella versione Rickshaw e la sportività nella Cross con cambio a cloche e nello splendido chopper Leopard, corredato da una ricca serie di accessori dedicati ma costoso quasi come un ciclomotore. (di questi ultimi due parleremo in un’altra storia italiana).
Un artigiano tedesco, si è addirittura superato e ne ha realizzato un modello unico. Interamente placcato d’oro 24 carati con un complessivo di 150 grammi di oro, il telaio Graziella n° 82826 è oggi preziosamente conservato alla Bottecchia Cicli all’interno di una teca per preservarlo dal trascorrere degli anni.
Fu persino commercializzata, dal 1968 al 1979, una Moto Graziella, sempre di produzione Carnielli, pieghevole anch’essa ma che nonostante l’originalità dell’idea ebbe scarso successo per la linea alquanto disomogenea, nella quale le ruote troppo piccole mal si accordavano al manubrio eccessivamente lungo.
Il tramonto
La lunga, grande, calda estate giovane degli anni ‘70 volgeva però al termine ed i vistosi limiti della Graziella, comuni a tutte le altre biciclette pieghevoli, incominciavano a farne dimenticare i pur notevoli pregi.
Eccessivamente pesante soprattutto in salita oltre che cronicamente priva del cambio di velocità, la Graziella mostrava pericolose instabilità ad andature relativamente veloci, che certo non si addicevano al carattere tranquillo ed un po’ snob di questa bicicletta. Ciononostante, non erano pochi i ragazzini che la utilizzavano per affrontare massacranti arrampicate, per sgommate a bici aperta o per impennate sulla sola ruota posteriore. Nel frattempo, nuovi mezzi a due ruote stavano irrompendo sul mercato: la BMX, che visse la sua stagione sulla scia della popolarità del film “ET l’extra-terrestre” e soprattutto la Mountain Bike, adatta a qualsiasi terreno e fornita di un eccellente cambio Shimano anche nelle versioni più economiche. Fu l’inizio del declino per la Graziella, che con la discrezione che sempre ne accompagnò l’esistenza, scomparve silenziosamente dai riflettori alla fine degli anni ’80 anche se ancora oggi vengono costruite bici derivate da quel progetto.
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