C'erano una volta, le feste a casa...
Come non avere nostalgia di quei momenti con gli amici più cari?
L’adolescenza, i primi impulsi sessuali, la voglia di stare abbracciati con una ragazza e magari sperare di unire le nostre bocche per i primi dolcissimi e impacciati baci.
Le musiche del momento, che spaziavano dalla prima disco dance ai sempre attesi lenti. Baglioni, Battisti, Mia Martini o i tanti gruppi del Beat italiano, con le loro canzoni fatte apposta per creare quell’atmosfera calda e romantica.
Chi non ha stretto a se la ragazzetta sognata sulle note di “Questo piccolo grande amore” o di The Way We Were, di Woman in Love o Piccola Ketty?
Di solito l’ambiente era quello del salone della casa di turno, quei saloni dalle pareti rivestite di carta da parati dai disegni più stravaganti come si usava all’epoca. I mobili spostati, le sedie messe tutt’intorno le luci fatte diventare soffuse con escamotage più vari e il divano posto sempre desiderato per la “vicinanza che permetteva.
In molte case il salone si usava anche come camera da letto per i ragazzi con le enormi poltrone letto che la serra poi si aprivano a far diventare l’ambiente una camera per dormire.
Le pile di dischi al lato del giradischi, qualcuno aveva già “lo stereo”, oggetto desiderato con il suo suono pulito e potente.
I più organizzati avevano lei prime rudimentali luci colorate psichedeliche, magari costruite dall’amico di turno appassionato di kit di elettronica, poi arrivarono i kit in vendita, magari completi anche di luce stroboscopica e lampada di wood.
Ma era più con le normali luci soffuse e magari spente che ci si stringeva. Le mani di lei cingevano il collo di lui e quelle di lui si appoggiavano morbidamente sui fianchi di lei, con l’immancabile lento scivolare verso le curve più desiderate. Le ragazze le prendevano e le ritiravano su ma se il lui di turno era il loro prediletto, lo facevano sperando poi che lo rifacesse.
Balli lenti, anzi, lentissimi.
Ci si teneva stretti stretti, la guancia premuta sulla guancia dell'altro, con lo strofinio del corpo appena percettibile
I genitori erano quasi sempre in casa “a controllare”, nella prima adolescenza ogni tanto venivano a sbirciare con la scusa di portare qualche pasticcino o bibite e li immancabile qualche viso arrossato, qualche fronte imperlata di sudore, qualche camicia stropicciata dai focosi abbracci, ero lo scenario trovava.
Ma “festa” era anche il vedersi in casa, magari di chi aveva una camera tutta sua, e stare insieme agli amici, giocare, parlare, sentire musica.
Noi in paese eravamo più fortunati, avevamo a disposizione spesso le case di chi viveva in città che durante l’inverno erano poco usate.
Spesso avevamo “il locale”, di solito cantine o garage poco utilizzati che qualcuno metteva a disposizione per la comitiva. Ed ecco allora che l’ambiente era più organizzato, più pronto per stare insieme.
Si ballava, si chiacchierava, si giocava a scala 40 o al gioco della bottiglia. Chi seguiva le partite, chi spettegolava su una o l’altra coppia, insomma si viveva la comitiva, la festa, la domenica.
Se si stava in case libere i più “fortunati” sparivano nelle altre stanze e nessuna ragazza si sentiva violentata o abusata.
Ci si corteggiava, si amoreggiava e ai continui “O detto di no” si insisteva perché era solo un gioco di desiderio. E tutto era per lo più da scoprire, con i ragazzi che magari si sentivano esperti avendo guardato i primi giornaletti porno e che puntualmente sbattevano contro una realtà fatta di approcci e movimenti impacciati.
Ed era bello perché si cresceva lentamente ma con tante emozioni che ancora ci portiamo dentro.
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