8 maggio 1982, sono in giardino, mi chiama mia madre, sa quanto seguo la Formula 1 e quanto stravedo per quel piccolo pilota pazzo di nome Villeneuve. “Corri Villeneuve ha avuto un incidente”.
“Ah beh sai la novità” penso entrando in casa. Sulla TV stando andando, quasi a ciclo continuo le immagini di una macchina che rimbalza sull’asfalto, di un “manichino” che vola e poi lo zoom che inquadra quel corpo contro le reti, la testa stranamente piegata. (il video originale che vidi)
Rimango pietrificato, tutto intorno a me si ferma, mi siedo e scoppio a piangere. Mia madre non capisce, mi prende in giro, ma io so che il mio idolo è morto. Sento dentro quella sensazione di vuoto, guardo e riguardo le immagini, in cerca di una speranza, la cerco anche nelle parole del cronista, lui dice che è grave, che è stato trasportato all’ospedale, ma io lo sento che Gilles è volato per il suo ultimo viaggio.
Dalle motoslitte alla Formula 1
Mi era piaciuto da subito quel pilota, seguivo la Formula 1 da quando avevo 10 anni, sapevo tutto quello che un tifoso poteva sapere, ero un lettore di Autosprint e di Rombo, avevo quell’adesivo che il direttore di Autosprint Marcello Sabbatini, aveva fatto stampare: un termometro, con il casco di Gilles, che segnava perennemente la febbre a 40°.
Oggi a 40 anni di distanza voglio provare a ricordare il mio Gilles, non il campione che non è mai stato, ma il pilota che ti faceva sognare, che ti faceva divertire perché lui stesso si divertiva.
Già, proprio cosi, Gilles non è stato un campione, i 6 successi in F1, i 67 Gp, le 2 pole, i 7 giri veloci, i 13 podi, i 583 giri al comando, sono molto meno di quanto fatto da altri piloti oggi dimenticati.
Ma lui vive perché anche se non è stato un campione, rimarrà sempre una leggenda.
Gilles veniva dalle motoslitte, gare per pazzi, dove controllare i mezzi sia in curva, dove se non derapi non giri, sia in rettilineo, dove devi lottare col manubrio per tenere il mezzo dritto con i pattini anteriori che vanno da tutte le parti, era cosa da veri “manici”. E lui nelle motoslitte aveva vinto un campionato del mondo. Era passato poi alle auto vincendo campionati di formula Atlantic.
Il campione del mondo James Hunt lo segnalò alla MacLaren che lo provò in una gara nel 1977, Enzo Ferrari lo vide e lo volle nella sua scuderia a sostituire Niki Lauda.
L’esordio sulla rossa nella pista dei test fu un disastro, riportò la macchina ai box di Fiorano in condizioni pietose. L'aveva talmente maltrattata che non c’era più una parte meccanica integra: freni, frizione, sospensioni, pneumatici… con i meccanici, abituati alla sopraffina guida di Niki, con le mani nei capelli.
Ferrari non si arrese e lo volle assolutamente in pista. Lo difese anche quando nella seconda gara, saltato sulle ruote della Tyrrel, atterrò sul pubblico uccidendo due persone e ferendone altre (spettatori che non dovevano essere in quel punto della pista). Il Drake non si arrese neanche quando tutti i piloti gli chiesero di appiedare quel canadese pericoloso in pista.
Imprese e aneddoti
Parlare del resto delle sue imprese è solo ripetitivo: GP Olanda, Zandvoort 1979 quasi un giro su tre ruote, tutti gli "spararono" contro iniziando dai commentatori, nessuno capì che lui non vedeva nulla dagli specchietti e pensava di aver perso solo il pneumatico. Prova ne fu che i meccanici ci misero un po a fargli capire che aveva l'intera sospensione e mozzo divelti; l’indimenticabile Digione 1979 con il duello con Arnoux; il Gran Premio del Canada 1981, terzo sul podio guidando “a memoria” gli ultimi tre giri per l’alettone divelto e finito, in piedi, davanti l’abitacolo ad impedirgli la visuale; ancora la folle sfida – organizzata da quello che ormai era il suo sostenitore n° 1 Marcello Sabbatini – del 1981 che lo vide a Istrana contro un F104 dell’aeronautica militare.
Imprese che ormai tutti conosciamo a memoria ma ci sono molti aneddoti, a volte vere leggende, che non tutti conoscono e che lo rendevano, agli occhi dei tifosi, superiore a campioni più blasonati. Cerco di ricordarvene alcuni in ordine sparso.
Innanzitutto il folclore: durante i gran premi, anziché in albergo, amava rimanere, con la moglie Joanne, che preparava le torte ai meccanici, i figli, il cane lupo e il gatto, in un motorhome piazzato sui circuiti. Amava la tromba che suonava più spesso del pianoforte (il padre era accordatore, di mestiere),
GP di Montecarlo 1981: Villeneuve ha appena vinto, primo turbo a vincere a Montecarlo, ha tenuto a bada i rivali con una guida perfetta all’ultimo giro ha infilato Jones in pieno rettilineo. Alla fine è il trionfo e le barche ormeggiate nel porto cominciano a suonare le sirene, aprendo una tradizione che fino a quel momento le aveva viste silenziose spettatrici. Da un balcone di fronte al box della Ferrari un appassionato prende un megafono e urla a squarciagola: «Suonate, suonate le sirene perché oggi è nato Dio!»
Si saprà poi che Villeneuve aveva di fatto inventato un nuovo modo di guidare per sopperire al ritardo dei motori turbo alla risposta all’acceleratore: Gilles usa il piede sinistro sul freno e il destro sul pedale del gas, come si fa nei rally per far scodare la macchina in curva, ma lui lo fa per tenere il turbo “in tiro” controllando la derapata con le doti derivanti dall’esperienza sulle motoslitte.
Gilles Villeneuve non aveva paura. Lo ripeteva spesso ai giornalisti che gli facevano domande su quel o quell’altro incidente. La prova reale la si ebbe durante le prove libere del GP di Monaco 1981. I dottori del Centro medicina sportiva, che collaboravano con la Ferrari, sottoposero Villeneuve e Pironi a un test cardiologico. Attaccarono loro degli elettrodi il cui funzionamento veniva registrato per cinque giri. In tal modo, i medici avrebbero avuto i dati sulla frequenza cardiaca dei piloti nelle situazioni di corsa più difficili. Risultato: alla staccata e frenata dopo il velocissimo tunnel, Pironi accusò una frequenza cardiaca di 206 pulsazioni al minuto contro le 157 di Gilles
Riguardo al suo modo di guidare il suo elicottero invece, Renata Nosetto, moglie dell'ex direttore dell'autodromo di Imola, rammenta: "Aveva il brevetto, ma per me Gilles non sapeva leggere le carte, nei trasferimenti seguiva le autostrade e s'abbassava per guardare i cartelli stradali, poi risaliva; a Imola prima di parcheggiare passò sotto il ponte del traguardo. Scesi che barcollavo. Caro Gilles, gli dissi, tu sei un gran bravo ragazzo, ma io con te non salgo più. Era quasi dispiaciuto, per lui era tutto normale".
Un'altra volta, sempre in elicottero, puntò la Ferrari di Scheckter in autostrada, scansandola all'ultimo. Si narra anche che i due, amicissimi, s'alternassero alla guida della Ferrari 308 da Montecarlo, dove vivevano, a Maranello: 433 km, miglior tempo, 2 ore e 25 minuti.
Già, l’amicizia, per Villeneuve era qualcosa di sacro, più per amicizia che per ordini contrattuali, si era messo al servizio di Scheckter nel 1979 e lo aveva aiutato a vincere il campionato piloti. Amicizia citata anche da Arnoux in un'intervista in ricordo dell'epica sfida: "C’era una vera amicizia tra di noi, una fiducia reciproca; sapevamo che nessuno dei due avrebbe fatto lo stronzo. Gilles aveva le ruote quadrate e problemi ai freni. E il motore dava problemi in curva, non teneva la linea. Quella resta una delle più belle corse di sempre."
A proposito di Digione, Arnoux racconta: «Al Gran Premio successivo sentimmo dagli altoparlanti: “Villeneuve e Arnoux sono convocati dalla direzione della corsa”. Andiamo, apro la porta. C’erano quattro piloti più Lauda che prende la parola in quanto capo: “Secondo noi a Digione avete guidato come dementi. Avreste potuto toccare le ruote e uno di voi avrebbe potuto decollare e atterrare sulla folla. Ci sarebbero stati dei morti e la Formula Uno ne avrebbe subito un grave pregiudizio. Gilles, tu che hai da dire?”
Con Villeneuve ci guardammo e ci dicemmo: “Siamo finiti tra i pazzi”. Lui risponde: “Se domani si ripresenta la medesima situazione, io mi comporto allo stesso modo”. Io ridevo, Lauda mi disse: “E tu?”. E io: “Vedi Niki, se (il duello) fosse stato Arnoux contro Lauda, sarei finito secondo e non terzo perché il duello non ci sarebbero stato” (e tutti si misero a ridere)»
Tradire un’amicizia per Villeneuve era qualcosa di inconcepibile, probabilmente fu proprio questo che lo portò ai fatti della sua morte.
Il tradimento
Gran premio di Imola 1982, sono gli ultimi giri, Villeneuve è primo e Pironi secondo, non ci sono rischi di perdere le posizioni così dai box arriva il cartello “Slow” – Rallentare. Villeneuve capisce e rallenta, Pironì ne approfitta e lo sorpassa andando a vincere.
Per Gilles è un tradimento.
Pietro Corradini , meccanico di Pironi racconta: «Entrai nel parco chiuso a Imola, con due bottiglie d'acqua, felice per la doppietta Ferrari. Una era per Pironi, l'altra per Villeneuve. Che non la prese, mi guardò e mi disse: "Hai un pilota di merda, d'ora in poi sarà guerra"».
La sua delusione è poi confermata in quella che è la sua ultima intervista raccolta per Rombo TV da Marcello Sabbatini (trovate il link sotto)
Un’altra testimonianza con una storia poco conosciuta la troviamo su “Machina volume 2” – Titolo originale “Sulla cresta dell’onda” e arriva da Tullio Abbate pilota e imprenditore del mondo dei motoscafi, amico e consulente per Villeneuve e Pironi per i loro fuoribordo. Sul libro si legge «Mentre Gilles è impegnato a rodare le pastiglie dei freni della sua 126 C2, davanti agli uffici di Enzo Ferrari parcheggia una Fiat 131 Abarth da cui scendono Pironi e Piccinini (direttore sportivo Ferrari), arrivati direttamente da Monte Carlo. I due si dirigono immediatamente a rapporto dal Drake in persona, seguiti poco dopo da Villeneuve. L’incontro, ovviamente blindato, non dura più di 15-20 minuti, dopo i quali il canadese esce completamente stravolto.
È ferito, si sente tradito da chi credeva un amico fedele, ma ciò nonostante risale in macchina e completa il suo programma di lavoro in pista.
Durante il volo di rientro in elicottero, non proferisce parola. Arrivati a casa Abbate, cenano e restano poi svegli fino a notte fonda a parlare. Gilles si confida con l’amico, racconta che durante la riunione con il Commendatore – come si scoprirà anni dopo – è stato praticamente licenziato.
Va a dormire che ormai è quasi mattina. Il mercoledì, quando alle undici saluta Tullio e si alza in volo diretto a Zolder, ormai non è più lui. Il resto, come si dice in questi casi, è storia.
Questo racconto stride però un po’ con un ricordo Dino Tagliazucchi, autista personale di Ferrari: «Ero accanto a lui a Fiorano nel giorno in cui morì Gilles. Lo accompagnai in ufficio, gli allungai la cornetta del telefono. Mise giù, scoppiò in un pianto dirotto e mi disse: “Non vorrò mai più bene a un pilota”».
Con Ferrari, Villeneuve era arrivato dove nessun altro: a farsi passare la mano fra i capelli, a dargli del tu davanti ai presenti allibiti, infine a farlo piangere come un bambino.
Piangere proprio come feci io in quel maledetto 8 maggio 1981.
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